Le differenze tra Sismabonus e Super Sismabonus: dai beneficiari alla classificazione sismica
Sismabonus e Super Sismabonus al 110%: quali sono i principali aspetti che differenziano le due agevolazioni fiscali? Sono entrambe usufruibili? Da chi e fino a quando?
Ingenio ha intervistato l’Ing. Andrea Barocci, presidente dell’Associazione Ingegneria Sismica Italiana (ISI), per fare un po’ di chiarezza sui due incentivi fiscali che puntano al miglioramento sismico degli immobili ma con percentuali diverse di detrazione.
Con il decreto Rilancio infatti, il Legislatore ha innalzato l’importo della detrazione al 110%, senza tener conto però della premialità legata alla classificazione sismica dell’edificio .
Ed è qui, secondo ISI, che si nasconde in realtà un grosso problema. Ecco perché.
Sismabonus e Super Sismabonus: cosa cambia?
Presidente Barocci quali sono le principali differenze tra il Sismabonus introdotto nel 2017 e quello invece previsto dal Decreto Rilancio, ribattezato Super-Sisma-bonus al 110% ?
«Il Sismabonus nacque nel 2017 come potenziamento del preesistente “Bonus Ristrutturazioni”, contenuto nel Testo Unico delle imposte sui redditi (il 917 del 1986), che però non prevedeva premialità e incentivava tutta una serie di interventi strutturali sugli edifici, indipendentemente dal miglioramento sismico. Per giungere al SismaBonus il primo gruppo di lavoro fu costituito nel 2013 presso il Ministero Infrastrutture e Trasporti, e ISI ricoprì il ruolo di Segreteria Tecnica».
In quel momento cosa è successo?
«Il “Bonus Ristrutturazione” è rimasto valido e lo è tuttora, ma per chi migliorava il comportamento sismico del proprio edificio si poteva applicare il Sismabonus con detrazioni che andavano dal 70 all’85 per cento. Con il Superbonus invece, paradossalmente c’è stato un passo indietro, perché porta in detrazione al 110% tutti gli interventi ammessi nel Sismabonus e al Bonus Ristrutturazione. In pratica non è più necessario fare il miglioramento sismico del proprio edificio attestando il salto di classe, ma qualsiasi tipo di intervento va al 110%. Questa misura è nata per far fronte alla crisi amplificata dalla pandemia e per rilanciare l’edilizia e quindi si è scelto di favorirla, sacrificando l’aspetto della premialità. ISI in un comunicato stampa ha sottolineato come sia un concetto sbagliato perché perdere la possibilità di classificazione non permette ai privati di conoscere lo “stato di salute” del proprio edificio e soprattutto lo Stato non ha la possibilità di mettere in atto una pianificazione fondamentale per ideare una strategia di riduzione del rischio su larga scala. Recentemente, in occasione dei 40 anni dal terremoto dell’Irpinia, abbiamo sottolineato quanto da allora sia cresciuto il sistema di gestione dell’emergenza e le normative tecniche; purtroppo fa da contraltare che l’80 per cento degli edifici non solo sia rimasto uguale ma, anzi, sia invecchiato».
Sismabonus classico e Bonus al 110%: i beneficiari
Anche i beneficiari sono differenti?
«Il Sismabonus poteva e può essere fruito da qualsiasi tipo di soggetto per qualsiasi tipo di edificio, residenziale, industriale, terziario, mentre il Super Sismabonus prevede un vincolo, che in realtà non è riportato esplicitamente dal testo della legge ma è stato posto sostanzialmente dall’Agenzia delle Entrate, in cui si dice che possono usufruirne solo gli edifici residenziali. Inoltre ci sono alcune differenze non marginali che rendono il Sismabonus “tradizionale” a volte più vantaggioso rispetto all’ultimo. A esempio, l’interpretazione che l’Agenzia delle Entrate dà per fruire del Superbonus è che un condominio debba avere almeno due proprietari, mentre per il Sismabonus “tradizionale” è irrilevante: un condominio può anche essere di proprietà unica. A partire dal 2017 molti italiani hanno iniziato i lavori con gli interventi del Sismabonus e non appena arrivato il Superbonus, tutti coloro che avevano cantieri aperti hanno provato a vedere se c’era convenienza nel convertirlo. Però passando dal Sismabonus “classico” a quello Super, in realtà molti si sono resi conto che è più difficile. Tant’è che in una circolare dell’Agenzia delle Entrate, viene detto come trattandosi di un provvedimento di particolare favore, sono previste maggiori restrizioni: a esempio, servono le asseverazioni da parte dei tecnici e il rispetto dei prezziari. Con i bonus “tradizionali” ci sono minori vincoli in tal senso, a fronte di una minore possibilità di detrazione e quindi di una quota parte che deve essere comunque pagata dal cittadino».
Il Super Sismabonus, salvo eventuali proroghe, resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021. Il Sismabonus invece? È ancora in vigore e usufruibile?
«SismaBonus, Bonus Ristrutturazione e SuperBonus sono tutti fruibili contemporaneamente e scadono tutti il 31 dicembre 2021; questo è un grosso problema».
Perché?
«Se vogliamo che la gente faccia interventi significativi sul proprio patrimonio, è necessario dare una finestra di tempo più ampia. Per cui, con il Sismabonus classico, si era stabilito un arco temporale dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021. La medesima scadenza è un altro aspetto cruciale per poter sfruttare questi Bonus perché si deve fare in modo che il cliente (singolo o condominio) sia d’accordo, partire con una progettazione, farla approvare, eseguire tutte le opere, chiudere l’iter edilzio e spendere tutti i soldi da portare in detrazione entro il 31 dicembre 2021, che è praticamente “domani”. Proprio per questo tutta una serie di interventi, come quelli importanti sui condomini, rischiano di non partire affatto. Speriamo e auspichiamo che sia fatta una proroga nella Finanziaria, come paventanto nei giorni scorsi. Se non ci sarà, bisognerà attendere un altro provvedimento legislativo, i tempi si allungheranno e nel frattempo chi doveva partire, in mancanza di certezze, si fermerà. Si parla anche di un indebitamento ulteriore da parte dello Stato di 15 miliardi (inizialmente stimati in 7) all’anno per quanto riguarda i Bonus fiscali. Soldi che dovrebbero arrivare tramite il Recovery Plan ma ci vorrà del tempo».
Super Sismabonus: adeguamento o miglioramento strutturale?
Il Superbonus prevede tre interventi trainanti indispensabili per l’ottenimento del beneficio fiscale al 110%: l’isolamento termico dell’edificio, la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale e le opere strutturali. Parliamo di adeguamento o miglioramento? Che differenza c’è?
«Nessuno dei due, parliamo di interventi strutturali. Mentre con il Sismabonus tradizionale è necessario quantomeno fare un miglioramento che porti al salto di almeno una classe, ora con il Superbonus, sono consentiti anche quelli che nelle normative tecniche sono chiamati riparazioni e interventi locali. Per questo motivo ISI è stata molto critica su questo provvedimento, perché viene a mancare tutto quello che è il vero miglioramento del nostro patrimonio edilizio e la premialità nella elargizione degli incentivi. Si può fare qualsiasi tipo di intervento strutturale, purché sia studiato in un ambito complessivo del fabbricato. È chiaro che una volta che intervieni strutturalmente, lo fai per ripristinare una serie di carenze, ma viene a mancare la premialità prevista dal Sismabonus: più migliori e più bonus ti agevolo. Sostanzialmente ciascuno è libero di scegliere il proprio rischio, con il Sismabonus al 110 invece non hai nessun incentivo per migliorare la tua situazione, perché ci si può fermare a un livello estremamente basso, il minimo sindacale e prendi comunque il 110%. Si perde quindi lo stimolo a puntare a soluzioni migliori».
Ma il professionista che cura il progetto di un edificio non punta sempre all’intervento più efficace?
«Io auspico che sia così ed essendo un inguaribile romantico immagino sia la prassi. In realtà uno dei principali scogli dei Bonus e, soprattutto, di quelli strutturali, è che molte volte gli interventi sono invasivi. Quindi l’inquilino tipo potrebbe dire: Stato, puoi mettere a disposizione agevolazioni importanti, ma se poi devo stare fuori di casa un mese e quando torno mi hai devastato la cucina nuova, già ci pensa due volte. È chiaro che riuscire a intervenire in maniera più limitata, solo all’esterno o senza andare all’interno è auspicabile, ma purtroppo nella maggior parte dei casi è molto difficile. Questo è il motivo per cui tutti parlano Ecobonus e di efficientamento energetico e poco di miglioramento sismico. Un conto è sostituire degli infissi, inserire un termocappotto o tinteggiare una facciata, mentre un discorso diverso è intervenire strutturalmente. Alla gente non piace avere disagi».
Edifici pubblici, terziari, ricettivi: quali agevolazioni per il miglioramento sismico?
Il Super SismaBonus individua precisi soggetti beneficiari e tra questi non rientra un’ampia categoria di edifici, come quelli pubblici, i fabbricati industriali e quelli destinati a uso terziario. Per questo tipo di immobili che agevolazioni sono previste? Resta sempre valido il Sismabonus classico?
«Dobbiamo distinguere cosa è compreso nella categoria “edifici pubblici”. A esempio, l’edilizia residenziale pubblica usufruisce del Superbonus e solo per la parte energetica ha anche sei mesi in più per intervenire (termine a giugno 2022). Per quanto riguarda gli altri immobili pubblici, come a esempio le scuole, hanno sempre avuto i loro canali di finanziamento derivanti da tanti contributi statali ed europei. Infatti negli ultimi anni si sta intervenendo molto. Per quanto riguarda invece tutti gli altri edifici che non sono compresi nel Superbonus, rimane valido il Sismabonus tradizionale».
Che, ricordiamo, gode di differenti detrazioni…
«Il Bonus ristrutturazione gode del 50 per cento, il Sismabonus parte da un minimo del 70 per cento e un massimo dell’85 a seconda se si interviene su un edificio singolo o un condominio e in base alle classi che si migliorano. Quindi per interventi su edifici singoli hai una percentuale che va dal 70 all’80; su un condominio o qualsiasi edificio con parti comuni, quindi anche un capannone, la percentuale va dal 75 all’85 e, in alcuni casi, dall’80 all’85. Per cui nel condominio si può anche partire da una detrazione dell’80».
Ha parlato di diversi e numerosi canali di finanziamento per le scuole. Quali a esempio?
«Negli ultimi anni, “complici” alcuni terremoti e crolli sempre più frequenti di solai e controsoffitti (anche in assenza di sollecitazione sismica), gli stanziamenti a favore dell’edilizia scolastica sono aumentati esponenzialmente. In particolare una decisa impennata era stata data con il piano triennale 2015-2017, con 1.200 milioni; a seguire con le annualità 2018-2020 erano stati stanziati ulteriori 1.550 milioni. La finanziaria 2019 ha poi destinato altri 2.600 milioni. Va precisato comunque che a fronte di un incremento delle risorse non vi è stato un pari snellimento nelle procedure, con tempi ancora eccessivamente lunghi tra riscontro delle necessità, definizione degli interventi e realizzazione di questi ultimi. A oggi, la dimensione effettiva della necessità di finanziamenti per l’edilizia scolastica non può essere calcolata con precisione, soprattutto tenendo conto che non parliamo di sole strutture (efficientamento energetico, sicurezza antincendio, ambienti digitali, ecc …); la cifra sulla quale si ragiona è tra i 20 e i 40 miliardi di euro».
Sismabonus al 110: perché è importante la classificazione sismica e la premialità degli incentivi?
Torniamo ai Bonus: l’attuale Super Sismabonus di fatto elimina ogni premialità legata alla classificazione sismica dell’edificio. Perché l’Associazione ISI ha più volte manifestato il suo disappunto?
«La premialità è importante e per capirlo dobbiamo partire da due numeri. Dal 1968 — anno del terremoto del Belice — al 2019, lo Stato ha speso quasi 200 miliardi di euro per far fronte alle ricostruzioni post sisma. L’85 per cento di questi 200 miliardi è servito per sanare il deficit e la vulnerabilità dei nostri edifici: sono numeri enormi.
Perché inizia il suo calcolo dalle spese dello Stato per i sismi a partire solo dal 1968?
«Perché da quell’anno lo Stato per rientrare dalle spese per il Belice inserì un’accisa specifica sui carburanti, e da lì ha proseguito dopo ogni terremoto».
Quale altra data è una pietra miliare?
«Quella in cui in Italia si è cominciato a progettare e costruire con criteri antisismici e cioè tra il 1981 e il 1985 (a fronte della Legge 64 del 1974). Purtroppo, già il 75 per cento del nostro patrimonio era già stato edificato. Per questo è importante la classificazione: avere contezza dello stato in cui versa il nostro patrimonio immobiliare, sapere quanto lo Stato ha speso in questi anni e sapere che su vasta scala, sui grandi numeri, il patrimonio non è migliorato. Da un’indagine sui condomini, ed è emerso che l’80 per cento è stato costruito prima della metà degli anni Settanta e di questi solo una piccola parte ha ricevuto interventi strutturali. Così dovremo aspettarci nei prossimi anni problemi gravi indipendentemente dai terremoti».
Qual è l’obiettivo più importante della classificazione degli edifici?
«Dare la possibilità a chi interviene di conoscere in maniera semplice lo “stato di salute” della casa in cui vive, attraverso una semplice lettera come avviene per attestare la prestazione energetica dell’edificio. In questo modo chiunque potrebbe scegliere più consapevolmente, a esempio, decidere se mandare i propri figli a giocare in un condominio che ha lettera C invece di una G. Si potrebbe pensare anche in chiave di premialità in caso di sisma. Per esempio, se un proprietario ha utilizzato il bonus per migliorare il proprio edificio, spendendo anche una parte dei suoi soldi, avrà altri contributi pari all’importo già agevolato. Invece oggi lo Stato da contributi indistintamente, senza tenere conto della reale situazione di una casa. Distribuire indistintamente il 110 per cento o qualsiasi altra percentuale, significa non capire qual è la condizione reale del patrimonio edilizio italiano e quindi non poter indirizzare i contributi verso un reale miglioramento sismico. È lì il nodo, non ci guadagna nessuno così. Sarebbe stato utile anche come strumento per le compravendite: se investo in un bene durevole, oltre alla certificazione energetica, avrei quella sismica o perlomeno strutturale. L’altra questione che abbiamo posto è cosa accadrà dopo queste agevolazioni: la politica come gestirà il Bonus se non verrà fatta la proroga. Avremo immobili di serie A e B? Se invece verrà concessa la proroga, fino a quando sarà in vigore? Non dimentichiamo che parliamo di indebitamento dell’Italia: quando la misura non sarà più in vigore, avremo una serie di cittadini che sono riusciti a usufruirne e hanno fatto lavori gratis a spese di altri perché è lo Stato che si è indebitato. Questa è la visione globale di cui tenere conto».
La classificazione sismica degli edifici
Ma come se ne esce? Voi avete individuato un’eventuale soluzione?
«Al momento si fa di necessità virtù, qualsiasi cosa ci dia la possibilità di intervenire anche in maniera minima sul nostro patrimonio edilizio, dobbiamo guardarlo con favore. Supponiamo di cancellare per un attimo il Sismabonus e la premialità. Se fosse arrivato il Superbonus dopo il Bonus Ristrutturazione sarebbe stata una soluzione perfetta, una cosa che auspichiamo e costerebbe veramente poco, è quella di dare la possibilità di portare in detrazione la sola classificazione. Infatti, al momento se dopo la classificazione non si prosegue con le opere, la classificazione stessa non può essere portata in detrazione: sarebbe comunque una strategia per lo Stato».
Ma quanto costa una classificazione?
«Se ragioniamo su una media nazionale, meno di mille euro a unità immobiliare. È chiaro che per la casa singola costa di più, per il condominio meno. Una cifra irrisoria che però darebbe la possibilità di avere in mano dati oggettivi. Anzi noi saremmo per renderla obbligatoria e inserirla nelle compravendite. Costituirebbe un forte deterrente».
O perlomeno nelle zone altamente sismiche del Paese..
«Mah, io credo sia stato sbagliato in origine il nome Sismabonus, sarebbe stato più corretto invece parlare di “Struttura Bonus” perché consente di intervenire su tutta una serie di aspetti. Le carenze non sono solo dal punto di vista sismico ma abbiamo edifici che hanno carenze palesi, indipendentemente dal terremoto. Infatti ISI, considerato che non è più prevista la premialità e il miglioramento sismico, ha proposto di estendere il Bonus anche per gli edifici situati nelle zone sismiche 4: così è valido in tutta Italia».
La spada di Damocle del 31 dicembre 2021, senza la proroga, rischia di ridimensionare un auspicato effetto espansivo della misura. Quali sono le tempistiche di un intervento di adeguamento/miglioramento sismico, per un condominio a esempio?
«Dipende anche dallo stato in cui versa l’immobile ma per un condominio medio è di circa un anno di lavori. Poi dipende dalle tipologie d’intervento perché oggi non abbiamo limiti nelle tecnologie. Se si ha la possibilità di intervenire sull’esterno, sarà un anno di lavori con il solo disagio del cantiere».
Scuole: come metterle in sicurezza?
In tempi di Covid, di aperture e chiusure, un tema di grande attualità è quello della scuola… dell’edilizia scolastica invece, si parla con meno continuità. Eppure, secondo l’ultimo report presentato da Cittadinanzattiva, il 43,1% delle scuole italiane (17.343 su 40.160) sono situate in zone a rischio sismico elevato (zone 1 e 2), inoltre solo una piccola percentuale è stata messa in sicurezza. Oltretutto in molti casi mancano i fondi per effettuare le verifiche di vulnerabilità sismica. Un grande piano di messa in sicurezza del nostro patrimonio immobiliare scolastico su quali pilastri dovrebbe poggiare? Esistono oggi sul mercato soluzioni e tecnologie costruttive per intervenire sugli edifici in modo non invasivo senza interrompere l’attività didattica?
«La tecnologia oggi non pone limiti. Al massimo sono quelli posti dall’invasività del cantiere e dalle tempistiche. Le scuole sono edifici molto delicati, sia per le difficili possibilità d’intervento, sia per una serie di procedimenti avulsi dal contesto che portano a fare certe scelte. Questo è dato dai contributi che riceve a livello europeo, nazionale o regionale. Di solito l’ente gestore della scuola ne fa richiesta ma senza conoscere realmente le esigenze dell’edificio. Poi, una volta ottenuta la somma si fa una gara per la progettazione e con quei soldi bisogna fare il meglio che si può per aumentare al massimo il livello di sicurezza dell’Istituto. Molte volte si va a operare su dei “malati terminali” in cui sarebbe molto più semplice demolire e ricostruire. Alle volte si rischia l’accanimento terapeutico. La strategia corretta dovrebbe essere quella di studiare prima le carenze del plesso, poi fare un piano di azione e quindi un quadro economico. Alla fine si fa un bilancio e magari si scopre che serve un milione di euro per il progetto. Magari aggiungendo solo il 10 per cento in più, nell’ambito di un piano triennale, si può costruire una scuola nuova. Oggi si è capito che si possono realizzare edifici scolastici senza particolari velleità architettoniche, come accadeva negli anni ‘70, che dopo si sono rivelate fallimentari dal punto di vista della sismica che, ai tempi, era tralasciata. Le scuole dovrebbero essere edifici più sicuri delle stesse case in cui vivono gli studenti ma oggi non è così».
Abbiamo perso mesi importanti durante il primo lockdown in cui si poteva intervenire in qualche modo?
«Io lavoro con tante amministrazioni e ritengo che in molti casi il problema è proprio la macchina burocratica. La polemica sulla durata dei lavori pubblici è reale: da quando si bandisce una gara per un’opera fino all’esecuzione vera e propria passano anni se non decenni. È chiaro che sarebbe stato bello riuscire a intervenire in quei mesi ma non era conciliabile con i tempi delle procedure pubbliche. Per esempio, la maggior parte degli interventi d’urgenza pianificati nel primo lockdown per aumentare la capienza nelle scuole a oggi non sono nemmeno partiti».